Emozione, dal latino e-movere (ex+moveo = portare fuori, smuovere). L’emozione è un’energia che proviene dal nostro interno; che può attivarci e metterci in movimento.

L’emozione coinvolge molti aspetti: coniuga mente e corpo con pensieri e azioni, attivazioni neurofisiologiche e reazioni fisiche. In questo periodo ne abbiamo provate molte, anche contrastanti, sentendole in noi, osservandole negli altri.

Proprio perché possono metterci in movimento con la giusta energia, ci saranno utili per la nostra nuova partenza. Parleremo delle emozioni di tutti i giorni, quelle che ci accompagnano al lavoro o in famiglia con gli amici o con i colleghi, che, a volte, ci disturbano, che ci fanno stare bene o che ci possono complicare qualche situazione.

Non le affronteremo dal punto di vista clinico ma negli elementi principali su cui possiamo agire per il nostro wellbeing quotidiano. Ecco quindi un po’ di teoria.

Possiamo definire le emozioni come risposte innate, costituite da più componenti e da diversi fenomeni involontari e automatici che solitamente viaggiano in simultanea. Quando leggiamo gli stimoli esterni, i fatti o ciò che ci capita, attiviamo, anche senza accorgerci, diversi meccanismi percettivi, cognitivi, emotivi e comportamentali.

Ecco una spiegazione lineare per descrivere cosa succede quando interpretiamo ciò che ci accade (in realtà, il modo in cui funzioniamo è circolare, veloce e interconnesso): il primo meccanismo che utilizziamo, quasi involontariamente e inconsapevolmente, è quello dell’attenzione selettiva. Ovvero, a fronte di una situazione e, a seconda dei nostri obiettivi, bisogni, esperienze o abitudini, la nostra attenzione si focalizza su un limitato numero di informazioni che possono riguardare la situazione, noi stessi o gli interlocutori presenti.

Si tratta di un meccanismo adattivo, che ci consente di filtrare la molteplicità di informazioni che riceviamo da tutti i nostri organi di senso, semplificando la lettura e la comprensione degli eventi. Proprio perché questo meccanismo è selettivo e rapido, può portarci a non cogliere appieno qualche elemento e a trarre qualche conclusione “abituale e talvolta affrettata”, appunto filtrata, in base alle nostre esperienze, abitudini, obiettivi o a quello che è centrale per noi in quella situazione.

A seguire, entra in gioco un ulteriore meccanismo che ci conduce a nominare ed etichettare la situazione o l’evento in base alle informazioni che abbiamo percepito. Attiveremo, poi, previsioni e inferenzeconnoteremo come più o meno gradevole per noi la situazione, anche in base al nome / etichetta con cui l’avremo nominata. Si determineranno, quindi, stati emotivi che ci condurranno ad attivare azioni e comportamenti diversi.

Per esempio, una presentazione dinnanzi all’Amministratore Delegato per qualcuno sarà definita come una “bella occasione”, per altri un “incubo” e, per altri ancora, un “gioco da ragazzi”. Ciascuna di queste diverse letture, potrà attivare con buona probabilità diverse previsioni e diversi stati emotivi, come per esempio: l’ingaggio, l’ansia, la preoccupazione, oppure il divertimento o il senso della sfida.

In conclusione, il fatto di porre attenzione ad alcuni aspetti rispetto ad altri e di formulare mentalmente una particolare lettura della situazione, avvierà pensieri, previsioni e reazioni emotive differenti, a cui seguiranno diversi comportamenti e diverse performance. Tornando all’esempio, alcuni pensieri d’aiuto per la nostra presentazione potrebbero essere:

  • “Conosco il contenuto; ho messo a fuoco chi sarà coinvolto per calibrare al meglio i messaggi”
  • “Mi riprometto di essere di supporto agli altri e quindi le loro domande saranno una buona occasione per me”
  • “Ne ho già fatte un bel numero; posso contare sulle chart che ho predisposto, chi mi ascolta sarà con buona probabilità interessato a comprendere ciò di cui parlo”

Focalizzare la nostra attenzione su questi aspetti ci aiuterà a vivere la presentazione con maggiore agio e, soprattutto, a riposare la notte prima. Se invece penserò…

  • “Andrà male, l’uditorio è severissimo e sarà polemico”
  • “Con questa presentazione mi gioco la carriera”
  • “Gli altri ne sanno molto più di me”

… probabilmente starò qualche ora sveglio la notte e questo non mi aiuterà ad affrontare al meglio delle mie possibilità la presentazione.

 

Tips & Practice

  •  Alleniamoci, a livello percettivo, a dedicare una larga, realistica e completa attenzione a tutti gli aspetti presenti nella situazione (inclusi noi stessi e le nostre capacità) e non solo a quelli che, per primi e sull’onda delle abitudini mentali, e talvolta dei pregiudizi, catturano la nostra attenzione.
  • Facciamo pratica a osservare, nominare e interpretare la realtà o le situazioni che ci accadono in modo oggettivo e neutro (una presentazione assumerà un sapore diverso se la chiamo “esame”) e con una stima probabilistica semmai un po’ ottimistica degli esiti.
  • Ampliamo la raccolta delle informazioni e delle prospettive, anche coinvolgendo e ascoltando gli altri. Quando ci portano un contributo, uno spaccato di realtà o una interpretazione diversa dalla nostra ci stanno aiutando con lo stretching.

Infine, ricordiamoci che…

Siamo noi a leggere, a nominare e interpretare la realtà e le cose che ci capitano: le situazioni, gli eventi difficili “quando arrivano, arrivano”, e proprio da lì possiamo allenarci a far partire i nostri ragionamenti in modi più o meno funzionali e saggi.

Siamo noi a fare previsioni e lo possiamo fare attraverso stime di probabilità (in base a elementi oggettivi e fattuali) oppure ipotizzando che tutto possa andare male, anche quando non è proprio così probabile. Pensare al peggio può farci sentire pronti a tutto e darci una mano a prepararci, ma non sempre ci è di aiuto. Il peggio è possibile ma non è detto che sia anche così probabile!

Abbiamo un grande ruolo nel regolare le nostre emozioni: esse non sono linearmente dovute ad altri, alla situazione o alla buona/cattiva sorte; il modo in cui noi leggiamo e interpretiamo ciò che ci accade può fare la differenza.