Come hai vissuto il lockdown come HR Director? 

Appena arrivato in AMCO le rappresentanze sindacali aziendali hanno convocato un’assemblea del personale (… per darmi il benvenuto!) e tra le loro varie richieste c’era anche lo smartworking. Oggi scherzosamente dico ai sindacati che sono stati loro, per attivare lo smartworking, a diffondere il virus che poi gli è sfuggito di mano!

AMCO aveva però già predisposto una serie di processi e misure per affrontare anche questa situazione e grazie a ciò sono riuscito a integrare due processi vitali per gestirla nel migliore dei modi: la comunicazione ai colleghi, da una parte, la sicurezza e la salute dei dipendenti dall’altra. La comunicazione è fondamentale sempre: la ritengo un booster per la Direzione del Personale e per l’azienda e avere un approccio integrato con essa si rivela sempre funzionale ed efficace. Inoltre, grazie al fatto che per ruolo sono parte del Comitato di Business Continuity e alla partnership creata con le strutture di Operations, si è riusciti ad attuare con i vertici aziendali una catena corta per prese di decisioni rapide ed efficaci, fattore sicuramente vincente. Abbiamo preso decisioni di impatto per le persone e lo abbiamo fatto fin da subito, in modo consapevole e comunicandole sempre con attenzione ai collaboratori. 

Dal punto di vista personale, invece, come l’hai vissuta?

Dal punto di vista personale, l’elemento davvero di discontinuità è stato non avere un orizzonte temporale certo per la fine della pandemia e lavorare tra team e colleghi a distanza, con una dilatazione spazio-tempo inedita per chiunque. Per fortuna a livello personale ero già preparato a coordinare persone in smartworking, che ho gestito da remoto anche in mie precedenti esperienze; la situazione ci è stata comunque utile per sviluppare ulteriormente un approccio più strutturato e diffuso avendo il personale italiano suddiviso su tre sedi territoriali.

Come avete agito nei confronti dei vostri collaboratori?

Nessuno aveva una percezione definita della possibile fine della pandemia e inoltre, come azienda, ci siamo trovati a gestire l’emergenza sanitaria in un contesto differente da Regione a Regione: sfruttando tuttavia in positivo la diversa territorialità delle nostre sedi, a livello di comunicazione abbiamo adottato un mood inclusivo, con dinamiche comunicative volte a favorire l’integrazione e attente alle mutevoli situazioni del personale dislocato nelle diverse sedi, sottolineando che la distanza fisica era comunque un fattore preesistente nella nostra azienda e come tale ci caratterizzerà anche dopo la pandemia.

Abbiamo, quindi, avuto un approccio prevalentemente di coinvolgimento nei confronti dei colleghi con comunicazioni costanti via e-mail, a cui abbiamo aggiunto momenti di ascolto e confronto periodici con l’Amministratore Delegato e il Management Team. Abbiamo inoltre organizzato momenti informativi e formativi sulla situazione sanitaria con i medici competenti.

Fra le altre cose, abbiamo costituito fin da subito il “Comitato Covid”, per condividere le competenze e i diversi approcci funzionali tra HR, Operations, rappresentanze dei lavoratori, medici competenti, RSPP e tutti gli attori coinvolti nel sistema aziendale di gestione della salute e sicurezza: si è trattato di un vero e proprio comitato di tutti i portatori di interesse e di presidio dei vari ambiti coinvolti, che con una voce univoca a livello aziendale ha favorito e deciso le misure via via introdotte in azienda.

Le attività di ricerca e selezione sono proseguite costantemente, anche nel corso dei periodi di lockdown, inserendo da remoto più di 50 risorse nell’anno: abbiamo quindi deciso di organizzare anche momenti virtuali di “welcome” per i nuovi colleghi: i nuovi entrati sono stati davvero tutti eccezionali, insieme ai loro responsabili, perché non è facile iniziare una nuova avventura professionale quando si lavora tutti a distanza!

Cosa avete organizzato per i vostri collaboratori?

Abbiamo cercato di porre l’attenzione innanzitutto sulla persona. Come azienda dobbiamo occuparci prima delle persone e poi dei professionisti: chiaramente siamo orientati alla performance e ai risultati, ma siamo convinti che per chiedere dobbiamo anche dare.

A mano a mano che ci accorgevamo delle diverse possibili criticità per le nostre persone siamo intervenuti anticipando o comunque risolvendo le eventuali urgenze: prima abbiamo inviato a casa di tutti i nostri colleghi un kit con gel disinfettante e mascherine quando era difficile reperirle, poi nel periodo estivo quando si iniziava a palesare una seconda ondata della pandemia abbiamo dato come benefit a tutti i dipendenti e ai loro familiari conviventi la possibilità di sottoporsi al test quantitativo anti Covid-19.

Abbiamo poi accelerato sullo smartworking e sulla gestione dei flussi delle persone negli uffici, organizzato meeting da remoto per accompagnare tutti nell’evoluzione delle nuove modalità lavorative, di mindset e comportamentali, nonché pianificato su base mensile le presenze in ufficio per tutto il personale dipendente, manager compresi; abbiamo, inoltre, introdotto la possibilità di monitorare periodicamente il nostro stato di salute, tramite un “fast check up” con test e tamponi settimanali all’ingresso delle nostre sedi: un modo per noi di curarci delle nostre persone e per le persone di preoccuparsi e occuparsi di sé stesse e dei loro familiari.

C’è poi un altro fenomeno che abbiamo dovuto affrontare: le persone in generale iniziano a essere logorate dalla situazione lavorativa, familiare e individuale che genera stanchezza psicofisica; tutto questo deve essere gestito consapevolmente e resettato ciclicamente. Ecco, dunque, che abbiamo organizzato un programma pilota di interventi che aiutino a imparare come gestire al meglio ed efficacemente l’attività quotidiana, trovando l’equilibrio tra i momenti di lavoro e quelli di cura di sé e dei propri interessi. 

Come si è evoluto il tuo ruolo di Direttore HR con questa emergenza?

In generale, sono convinto che nel giro di qualche anno non esisteranno più i job title come li pensiamo oggi e i ruoli si baseranno sulle competenze di volta in volta richieste alle persone dalle organizzazioni più che sui titoli formali delle posizioni. Al di là delle etichette, comunque, credo che il Direttore HR debba anticipare i problemi e coinvolgere tutti gli interlocutori in azienda per implementare soluzioni sostenibili e modulari nel tempo, oltre che ovviamente prendersi cura dei propri colleghi: ciò può significare occuparsi di salute e sicurezza del personale in senso allargato così come attrarre e sviluppare i talenti.

Credo, inoltre, di aver sviluppato ulteriormente il mio essere adattivo e la mia capacità di evolvermi in modo rapido in una logica scalabile, nonché di aver utilizzato lo strumento della delega in maniera funzionale, cercando di coglierla come opportunità per fare un salto in avanti insieme a tutto il team. Come responsabile ho infine coinvolto e ascoltato sia il team sia i colleghi del top management, con l’obiettivo di lavorare efficacemente con i peer per puntellare insieme l’organizzazione a tutti i livelli e contribuire a garantirne la tenuta e solidità, anche considerato che per AMCO l’obiettivo è recuperare i crediti con un approccio rispettoso delle condizioni socio-economiche dei debitori, supportando l’imprenditoria produttiva meritevole, nell’interesse di tutte le parti coinvolte.

Come è cambiato anche il lavoro del tuo team?

Dobbiamo essere sempre più orientati al servizio e contaminarci con l’organizzazione, con l’obiettivo di essere presenti e di raccordo tra le diverse anime dell’azienda e i diversi business: è fondamentale oggi conoscere a fondo le attività dei colleghi e partecipare alle riunioni di business, così come è necessario favorire la fluidità nei diversi snodi dell’organizzazione. L’evoluzione sarà completata quando avremo realizzato ruoli che abbinano alle competenze funzionali approcci orizzontali e trasversali all’organizzazione: questa è un po’ anche la mia attitudine e il mio modo di lavorare. È chiaro che l’HR dovrà dotarsi di un set di soluzioni nuovo e modulabile nel tempo per poter dare le risposte di volta in volta più adeguate: non esisterà una funzione HR statica all’interno di un’organizzazione dinamica, ma le sarà sempre più richiesto di anticipare le esigenze e contribuire alla realizzazione delle soluzioni per l’azienda e per i colleghi.

Quanto l’evoluzione di cui tu parli è connessa all’evento topico del Covid-19?

Quello che è successo quest’anno ha anticipato quello che sarebbe comunque avvenuto. I meteoriti quando entrano nell’atmosfera generano una forte pressione dinamica che modifica tutto il contesto in cui transitano: analogamente il Covid-19 ha esercitato una forte pressione a livello sociale, economico e organizzativo anticipando ciò che in gran parte sarebbe comunque avvenuto. Pensiamo solo al fatto che da fine febbraio 2020 in AMCO ci siamo ritrovati in più di 200 a lavorare praticamente da un giorno all’altro tutti da remoto: questo ha creato una discontinuità tale da plasmare in maniera durevole l’organizzazione del lavoro. Come HR abbiamo il dovere di mettere a disposizione nuovi strumenti digitali e di essere resilienti, così da accompagnare i colleghi in questa evoluzione e influenzare positivamente tutti gli interlocutori, favorendo la migliore consapevolezza dei fenomeni da parte dei responsabili e dei colleghi. 

Faccio un esempio su tutti: non c’è altro modo oggi, oltre al digitale, per fare colloqui con i candidati e stiamo assumendo persone di cui impariamo a conoscere i visi ma non sappiamo nemmeno quanto sono alti! Per poter implementare tali soluzioni non si può avere un approccio conservativo ma si deve abbracciare con convinzione la trasformazione e favorirla nel contesto in cui operiamo.

Come sarà il futuro della funzione HR?

Al di là delle dimensioni dell’organizzazione, non sono sicuro che nelle aziende un domani avremo un esperto di formazione, uno di selezione, etc., ma penso piuttosto che avremo una persona che si confronterà con i suoi interlocutori sempre più a tutto tondo per trovare soluzioni condivise e integrate. Le modalità agile e scrum diverranno uno standard, anche per garantire un veloce e flessibile time to market: con la pandemia in corso, già oggi dobbiamo prendere decisioni, comunicarle e metterle in campo in 24/48 ore, facendo execution velocemente e bene, nonché riorientando l’organizzazione e le persone continuamente e positivamente.

Quanto il digitale influenzerà gli sviluppi aziendali futuri e i comportamenti delle persone?

Il digitale è fondamentale e dirompente, è un’opportunità, un elemento aggregante che incentiva comportamenti positivi, come la formazione da remoto, quando e dove si vuole, o come i processi di selezione. 

Sicuramente, però, il digitale va personalizzato nell’approccio: siamo latini come cultura e il nostro modo di essere predilige un approccio diverso nella comunicazione, con “un tocco umano”. Questa è la principale area di attenzione che vedo: è importante che la tecnologia e il digitale non alterino alcuni comportamenti per tutti noi essenziali, direi vitali, come il guardarsi in volto e l’incontrarsi di persona.

Inoltre, seppur non sia ancora stato affrontato il tema in maniera diffusa, al rientro fisico negli uffici si ha anche un tema di “rieducazione” emotiva e non: dovremo accompagnare in maniera appropriata i colleghi a nuove concezioni di spazi lavorativi e non, a nuovi tempi che scandiscono la nostra vita professionale e personale, a nuove modalità di interazione. Senza considerare la necessità di gestire componenti emotive nuove (per esempio oggi c’è chi apprezza vedere e interagire con le persone in video piuttosto che in presenza ma con la mascherina).

Un altro elemento di spunto su cui riflettere sarà il look: entrando in ufficio, un giovane collega nei giorni scorsi mi ha fatto notare che indossavo la cravatta: quello che per molti prima era normalità oggi appare diverso, un po’ come se tutti i giorni ci si aspettasse ormai il “Casual Friday”! Di sicuro riprendere a lavorare in ufficio, al di là della cravatta o meno, incentiverà tutti noi a rimpossessarsi di una parte di noi stessi, con una riscoperta a 360 gradi di sé anche dal punto di vista professionale, senza distinzione di genere. Come Direzione HR chiaramente “assumiamo i cervelli” delle persone, le loro passioni e il loro cuore, però per ciascuno è importante riprendere il pieno possesso anche della propria esteriorità, permettendo ai lavoratori di sentirsi più liberi di esprimersi naturalmente anche nell’abbigliamento.

Quali saranno i nuovi comportamenti che ci aspettiamo dai manager nel New Normal?

La capacità dei responsabili di ascoltare con empatia e prestare attenzione alle richieste ed esigenze anche implicite dei collaboratori dovrà essere sempre maggiore.

La distanza e il digitale esercitano infatti impatti rilevanti sulla relazione capo-collaboratore: il responsabile deve essere in grado di cogliere il “mood” e gli elementi anche emotivi delle persone che gestisce, comprendendole e intervenendo per tempo, cosa che prima era in parte più facile anche semplicemente incrociandosi in ufficio.

Infine, il manager efficace deve saper trovare modalità diverse nel tempo per gestire i team e mantenerli ingaggiati nella complessità quotidiana, che ormai caratterizza sia l’organizzazione lavorativa sia il contesto globale in cui viviamo.

Oggi la distanza di spazio e tempo, con attività svolte anche in modo asincrono nell’organizzazione e tra capo e collaboratore, comporta un impegno psicofisico diverso con possibili impatti alla lunga che devono essere mitigati. Servirebbero infatti molte più mani per le molteplici interazioni quotidiane che sviluppiamo tramite tutti i nostri strumenti digitali!