Come hai vissuto la pandemia come direttore HR?
Con molta preoccupazione, e poi con grande senso di responsabilità: ero consapevole che le nostre persone si aspettavano dalla funzione HR una vicinanza e un’indicazione sulla strada da seguire, in una situazione di “non scelta”, un contesto tutto nuovo nel quale siamo stati catapultati dall’oggi al domani.
È stato però anche un momento di cambiamento molto stimolante, che sicuramente l’azienda già stava vivendo, perché eravamo già testati sullo smartworking, approcciato due anni prima per il Team della Sede, preparato anche sul piano formativo prima di essere attuato con successo; l’aver lavorato a livelli diversi sulla responsabilizzazione delle persone ha accelerato il nostro cambiamento e me lo porto come aspetto positivo.
Quali azioni avete messo in campo per le persone?
Pensando ai primi giorni, siamo stati una delle prime farmaceutiche in Italia che, ancor prima delle persone della sede, ha fermato da subito, facendoli lavorare da casa, tutti gli Informatori Scientifici, e in generale tutte le persone che lavorano sul territorio, quindi anche MSL, RAM, CRA, etc.
Questo ha comportato un grande sforzo da parte dell’IT ed una accelerazione nella implementazione degli strumenti per abilitare pienamente tutti al lavoro da remoto: in sede eravamo abituati allo smartworking, diverso era, invece, per la rete esterna.
Fin da subito dato segnali di vicinanza tramite il supporto tecnico, la formazione digitalizzata su programmi già in corso e su temi quali il lavoro da remoto e l’uso degli strumenti digitali.
Abbiamo lanciato per gli Informatori una piattaforma per essere vicini in continuità ai medici, un’applicazione di proprietà che si chiama MyServier, che ha dato il via a un’evoluzione importante in questa attività, che sono sicura aprirà gradualmente ad altre e nuove opportunità.
Abbiamo lavorato, inoltre, sugli aspetti più personali, proponendo la palestra online, un programma chiamato “Il mondo alla finestra” per scoprire i musei e l’arte delle città italiane (così apprezzata che gli Informatori hanno voluto girarla anche ai medici), attività di coinvolgimento per i bambini delle nostre famiglie.
Abbiamo insomma lavorato sull’engagement, che è il vero tema di oggi e per il futuro.
Come è cambiata la relazione con le persone?
È cambiata la gestione delle persone, da face to face a remoto: obiettivamente è un grande cambiamento, quindi anche solo prendere un caffè digitale con i propri team – iniziativa che come altre aziende abbiamo lanciato – è stato importante.
In più abbiamo condiviso informazioni e dimostrato vicinanza pur nella distanza grazie a messaggi costanti da parte del nostro Direttore Generale, di volta in volta affiancato da alcuni manager, per cercare di avere una comunicazione in continuità con le persone. La comunicazione interna è stata dunque fondamentale per tutti, senza differenziazione tra sede e rete esterna: trasparenza prima di tutto, e lo sforzo costante di trasmettere alle persone l’importanza della continuità nella nostra missione, per la quale tutti erano e sono indispensabili in questa Comunità
Abbiamo poi puntato al coinvolgimento delle persone sui temi della responsabilità sociale: abbiamo organizzato e partecipato a diversi progetti, anche con l’aiuto di Farmindustria, a supporto del personale sanitario e, in generale, delle persone in difficoltà, e la risposta delle persone di Servier è stata davvero importante, e molto sentita.
Come è cambiato il tuo ruolo con questa pandemia?
Me lo sono chiesto anch’io: non credo che sia cambiato, sono però cambiati i punti di attenzione e le priorità, come, ad esempio, pensare a come mettere in sicurezza le persone e come organizzare il lavoro affinché sia svolto in completa sicurezza. È davvero ancora oggi una priorità, tanto che passo circa la metà delle mie giornate su questo tema. A questo si aggiunge, come detto prima, il tema dell’engagement e della motivazione dei dipendenti: la riflessione è su come ci possiamo preparare al futuro.
In generale, in ogni caso, in azienda siamo in 430, e per me è un piacere conoscere tutti e condividere con loro le decisioni: per me è la normalità, ed è parte del DNA dell’azienda. L’attenzione nei confronti delle persone è un aspetto decisivo per Servier: abbiamo valori molto forti, che mettono le persone davvero al centro, e il tutto si concretizza in importanti investimenti nello sviluppo di progetti sui talenti sia nazionali che internazionali, di progetti formativi a 360 gradi con grande mobilità, anche internazionale, e di progetti innovativi che vengono direttamente dalle nostre persone. Ci piace pensare che uno dei nostri obiettivi sia passare dal “DARE A” (tipicamente atteso dalla Funzione HR) al “FARE CON, FARE PER”(più sfidante, ma anche di maggiore soddisfazione).
Come cambierà il vostro modo di lavorare? E il lavoro in generale?
Sarà un futuro costruito sulle tante esperienze accumulate nel 2020. Per quanto riguarda noi, l’informazione medico-scientifica è già cambiata, perché non avrà solo la leva del contatto in presenza con il medico, ma avrà più modalità anche di collegamento da remoto. Di conseguenza cambieranno molto anche le dinamiche lavorative di questa fascia di popolazione. L’altro grande cambiamento è proprio per chi oggi gestisce le persone, a causa della maggiore complessità che affrontiamo quotidianamente.
In generale, ripenseremo lo smartworking affinché bilanci e riequilibri gli elementi della vita di ciascuno, e questo avrà un impatto nel mondo del lavoro, perché parliamo finalmente davvero di lavoro per obiettivi, con maggiore flessibilità nelle giornate e una forte responsabilizzazione e delega. Noi stiamo già lavorando sui temi della fiducia con le persone e sul provare a concepire la giornata in maniera diversa: questa è la riflessione che stiamo facendo ed è una via di non ritorno, dove possiamo solo migliorare.
Quali competenze deve possedere il leader in grado di gestire la complessità?
Dovrà essere un leader capace di trasformarsi in un mondo che cambia velocemente. A tal proposito in azienda stiamo lanciando il tema del mondo VUCA: il leader dovrà essere in grado di gestire un mondo in continua evoluzione, dando velocissimamente una visione ai collaboratori e trovando le leve per gestire il cambiamento.
Dovrà inoltre essere in grado di responsabilizzare le proprie persone, saper individuare gli obiettivi e portarli avanti, facendo in modo che ogni persona del team sia responsabilizzata, conosca il proprio ruolo e soprattutto ne capisca il valore. Questo è secondo me molto importante: ogni ruolo, anche il più piccolo e semplice, crea un valore per l’azienda.
Il leader deve infine saper delegare. Il nostro dovere come HR è preparare i leader di questo futuro.
Come cambierà invece il ruolo della funzione HR?
Sicuramente come HR dovremo lavorare su competenze quali saper far lavorare le persone insieme, trasversalmente in termini sia di funzioni che di progettualità. Dovremo, inoltre, saper comunicare con le persone, prestando maggiore attenzione a tutti i temi rilevanti di comunicazione interna. Rimane poi il tema di saper motivare sulla base di obiettivi chiari. E poi l’innovazione digitale, una strada intrapresa già da qualche tempo.
Quale ruolo giocherà il digitale negli sviluppi aziendali futuri?
Come Servier abbiamo avviato nel 2019 un progetto di trasformazione digitale in due anni. Nel 2019 abbiamo effettuato un assessment generale sulle competenze e attitudini al digitale delle nostre persone, e poi, a seconda dei risultati, abbiamo fatto formazione, anche in maniera piuttosto effervescente: l’approccio esperienziale, più che l’aula frontale, si è dimostrato essere vincente.
Nel 2020 abbiamo portato avanti il secondo step di questo processo e lo abbiamo legato alla strategia aziendale. Come manager abbiamo identificato dei campi strategici su cui proporre dei progetti: 60 persone tra personale di sede e rete esterna, quindi molto diversi fra loro per età e ruolo, hanno lavorato insieme in laboratori (virtuali a causa della pandemia) e hanno presentato 6 idee di progetto digitale diverse. Queste sono state votate dalla Community, che ne ha individuate due che saranno effettivamente realizzate.
Abbiamo legato il digitale alla strategia aziendale e abbiamo lavorato per portare a bordo tutti, qualunque fosse la generazione di appartenenza, mostrando la progettualità aziendale.
Tutto questo si lega al tema delle nuove generazioni, di come coinvolgerle facendone emergere attitudini e potenziale: un tema sensibile per la mia funzione, che si accentuerà sempre più in futuro: e il progetto digitale è stato per noi importante per questo, perché ha fatto sì che le persone lavorassero insieme.
Gruppi generazionali come Generation X e Millennials, che oggi in qualche modo caratterizzano la nostra realtà di Azienda, hanno lavorato bene insieme completandosi a vicenda, con le loro caratteristiche, le diverse modalità di apprendimento, i modi di comunicare. Tutti loro, indistintamente, ci hanno detto di aver vissuto un’esperienza di crescita, e questa è la strada giusta.