Le Direzioni HR hanno maturato la consapevolezza di avere un ruolo importante di Change Enabler: l’obiettivo primario è sostenere le persone, offrire loro sicurezza, motivazione, ingaggio, attenzione alle loro esigenze personali, per aiutarle ad adeguarsi ad un mercato sempre più complesso, volatile, condizionato dall’evoluzione della pandemia e dei provvedimenti politico-economici per fronteggiarla. In questo contesto è prioritario che i Manager riescano a dotare le organizzazioni di una bussola, che sappia indicare la Stella Polare di una Business Strategy efficace; e di conseguenza che i Manager del Personale sappiano tradurre questa in una People Strategy adeguata e attuabile, per indicare alle persone la direzione verso le quali mobilitare le loro energie. E per farlo bisogna saper affrontare diversi paradossi, di cui ci portano vivida testimonianza gli intervistati, e sapersi dotare di una vista “strabica”, che guardi all’emergenze ma anche ad un orizzonte di più ampio respiro.

Il Covid-19 ha messo a dura prova per molte aziende il framework organizzativo e la capacità di garantire la Business Continuity, come sostiene Andrea FabbriGroup People & Organization Director di Prelios – la scommessa sul piano manageriale è quella di “esercitare al meglio la tensione fra obiettivi di breve termine e di lungo termine, cambiando frequentemente anche il focus”. Saper essere quindi in un certo senso un po’ strabici: affrontare innanzitutto l’emergenza – essere tattici – ma lavorare al tempo stesso per costruire il futuro, che probabilmente sarà un futuro “ibrido” fatto di smartworking e lavoro in presenza. In una sola parola: essere flessibili.

Gli intervistati concordano nel sostenere che la flessibilità e la resilienza sono le competenze chiave per affrontare la situazione di emergenza che si sta protraendo; altre competenze distintive e capacità individuali abilitanti sono la velocità nella reazione e la determinazione come componenti per accelerare “una trasformazione culturale incredibile … (che ha) cambiato il paradigma “lavoratore / luogo di lavoro”, come sottolinea Paola Bertorelle, Head of HR & Organization di DEPObank.

In questo contesto un tema centrale che emerge è quello della capacità dell’azienda e dei suoi manager di indicare una direzione, attraverso due driver: la trasmissione dei Valori e la capacità di offrire alle persone sicurezza e garantire la salute.

“Servono leader capaci di capire se e quando cambiare strada, che si concedono anche il pensiero, non solo l’azione”, afferma con convinzione Paola Bertorelle. Soprattutto nel momento attuale in cui il leader con il proprio team lavora esclusivamente a distanza, e sono ridotti al minimo gli scambi sociali anche informali favoriti dalla compresenza. Questo full distance provoca una “perdita di fluidità da parte dei team leader nella gestione dei team completamente da remoto e del commuting”, come evidenzia Betty Pagnin, People & Culture Director di Oneday.

La Direzione del Personale deve essere in grado di compiere evoluzioni in più direzioni contemporaneamente: la prima direttrice è saper ritornare “back to basic”, per garantire agli Employee “i bisogni primari di Maslow: poter avere un lavoro sicuro, quasi un ritorno alla base della piramide dei valori essenziali” (Paola Bertorelle). Al tempo stesso è evidente la necessità di saper supportare il cambiamento accogliendo una sfida che ha del paradossale:  essere “Business partner del business, in grado di conoscere l’employee journey a 360 gradi con un cambio di mindset”, come sostiene Betty Pagnin”, e – allo stesso tempoessere in grado di essere più vicini alle persone, nella lontananza del remote working e dello smartworking.

Il paradosso di questa sfida è ben sintetizzato da questa definizione del Direttore del Personale DEPObank, Paola Bertorelle: deve ora più che mai diventare “un animale un po’ strano… con il rigore del metodo e la sensibilità di uno psicologo”.

Anche una realtà dinamica e molto evoluta, come quella di OneDay, composta unicamente da Employee Millennial & Z Generation, a proprio agio nella completa digitalizzazione, sterzando verso uno smartworking totale “forzato”, ha comunque evidenziato come siano fondamentali per poter continuare ad esercitare il proprio ruolo di business & community builder tre pillar irrinunciabili: “comunicare, comunicare, e ancora comunicare, la necessità di dare strumenti alla leadership per la gestione da remoto, la capacità di agire anche su topic che sono un po’ fuori dal mondo azienda”. Come sostiene Betty Pagnin “la produttività è influenzata dall’essere persona a 360 gradi (famiglia, background, storie personali e professionali)” e per questo la Direzione del Personale deve poter incidere sulla cultura delle Persone, considerando gli Employee come Customer e il proprio ruolo in azienda “come un’attività di marketing, dove l’audience è l’azienda stessa”.

Un tema potenzialmente critico nell’engagement riguarda – anche qui paradossalmente – proprio le nuove generazioni, le più digitalizzate e la loro futura retention: se da una parte i collaboratori delle nuove generazioni hanno acquisito “un senso di imprenditorialità e … una libertà che quando torneranno in ufficio vorranno e pretenderanno di mantenere”, come sostiene Betty Pagnin, dall’altro rispetto alla condivisione e trasmissione del knowledge, viene evidenziato da Andrea Fabbri di Prelios che “la generazione più digitale è quella con un fortissimo desiderio di stare in ufficio per acquisire nuove competenze e imparare facendo.”

La possibilità di apprendimento e formazione sono state sostenute dalle Direzioni del Personale con percorsi formativi a distanza, realizzati nonostante il distanziamento forzato dello scorso anno in maniera interattiva e coinvolgente,  ma è soprattutto on the job che avviene il learning: si impara attraverso l’esperienza e la sperimentazione nell’attività quotidiana, ma anche attraverso il social learning che significa imparare dagli altri attraverso l’affiancamento e l’esempio del capo e dei colleghi.

I tre speech che riportiamo sono tre storytelling che portano la testimonianza di spaccati di realtà tra loro distanti, ma in cui si rintraccia una domanda comune fondamentale: nell’esercizio del ruolo della Direzione del Personale, come si fa a cercare di realizzare questo paradosso da equilibristi, mettere in campo un bilanciamento tra diventare più Business Oriented, da un lato, e dall’altro valorizzare la centralità della componente umana e delle skills di ascolto, empatia, gestione della relazione, costruzione della fiducia?

Nelle differenti visioni è interessante cogliere la convinzione di come la sfida si possa vincere soprattutto attraverso gli strumenti della motivazione, dell’ingaggio degli Stakeholder e della comunicazione.

Se si riesce in questa sfida attraverso un lavoro di bilanciamento continuo, si riesce davvero a essere Change Enabler.