Le azioni messe in campo per fronteggiare l’emergenza Covid-19 sono state rivolte, come già abbiamo visto in altre occasioni, innanzitutto a mettere in sicurezza le persone e la loro salute e questo ha avuto il risvolto immediato per il ruolo HR di un aumento del senso e del peso della responsabilità: come dice Matteo Melchiorri, “prendere coscienza che il modo in cui agivo aveva un impatto diretto sulla vita delle persone è stata una presa di consapevolezza importante e ho sentito il peso di questa responsabilità”.
Molti sono gli spunti di nuove idee e iniziative che si possono cogliere dall’esperienza di queste tre aziende: dal lancio in Servier di una nuova piattaforma che consente agli informatori medico.scientifici di essere vicini con continuità ai medici, alla intranet “Agorà” divenuta una sorta di “sede sempre aperta” e rivolta all’ascolto in Fastweb, alla creazione di un portale per la comunicazione interna in Reda, tutte iniziative rivolte a ricreare un legame forte e di vicinanza alle persone, mentre la pandemia costringeva a passare da relazioni face to face a relazioni da remoto.
Ma leggendo l’insieme delle tre testimonianze due temi rieccheggiano e costituiscono una sorta di sottofondo comune.
Il primo è la riscoperta genuina della centralità della persona e della necessità di relazioni dirette, spontanee, che tirino dentro e non escludano le emozioni: come dice Matteo Melchiorri, “abbiamo optato per una comunicazione diretta, disintermediata: io stesso ho cominciato a comunicare in modo più diretto… questa situazione ci ha fatto capire come ciascuno di noi nel proprio ruolo sia sempre più chiamato a entrare in dialogo con le emozioni delle persone.”
La stessa attenzione per le persone ed il loro ingaggio la ribadisce Elisa Napolitano, quando afferma l’importanza della “trasparenza prima di tutto e lo sforzo costante di trasmettere alle persone l’importanza del contributo che possono dare alla continuità della nostra mission”.
Mentre Alessandro Montanari racconta l’assiduo lavoro di ascolto che li ha portati a “trasformare la classica survey di clima in un sistema più colloquiale, affinché le persone potessero condividere la loro quotidianità ed esprimere il più possibile le loro preoccupazioni: ci siamo fatti recettori di feedback veri, quelli che portano poi a iniziative che sono ciò di cui le persone hanno davvero bisogno”.
Ma stare vicini alle persone non basta, e così emerge il secondo filone di pensiero e di azione, quello che guarda al futuro, al dopo emergenza, a quel “New Normal HR” che non può venire da solo ma di cui vanno preparate le condizioni innanzitutto mentali nella testa delle persone: tutti i programmi di reskilling e upskilling del mondo sono destinati a fallire se, come dice Matteo Melchiorri, “non si crea un nuovo mindset e un’attitudine che favoriscano questo tipo di cambiamento”.
E questo cambierà anche il ruolo dell’organizzazione, non più rivolto a “formare” ma a creare l’ambiente e la cultura in cui le persone si sentano messe in condizione di imparare continuamente cose nuove, legittimate a sperimentare e a sbagliare.
E cambierà anche il ruolo dei capi, che come dice Montanari, dovrà essere rivolto a far crescere gli altri, comportandosi come un “diffusore di informazioni” e un “creatore di conoscenza a tutti i livelli”.
Anche da questo cambiamento culturale, nelle persone e nei capi, dipenderà la possibilità che la tecnologia digitale non sostituisca il lavoro umano, ma diventi un suo potenziatore, a disposizione e al fianco della persona al lavoro, della sua creatività e imprenditività.