In qualità di HR Director, come hai vissuto il periodo di lockdown?

Quando è scattato il lockdown non avevamo davvero capito cosa stesse accadendo. Nei momenti di stress e di difficoltà forse torniamo tutti a fare quello che sappiamo fare, usando modelli che sappiamo usare. Non tutto si è rivelato adeguato, certo. Però è anche vero che in momenti complessi, emotivamente complicati, anche ambigui, è difficile usare strumenti nuovi. Ecco, io, ma sono certo anche il mio team e tutte le persone dell’azienda, mi sentivo come immerso in una piscina, e abbiamo nuotato come sapevamo, ognuno a modo proprio e utilizzando gli strumenti che conoscevamo.

Qual è la parola chiave che ti viene in mente pensando al tuo ruolo di HR in piena pandemia?

Chiarezza. Era davvero ciò di cui tutti avevamo bisogno in quel momento di totale confusione, ed era indubbiamente una necessità: abbiamo poco alla volta cercato di semplificare il nostro modo di prendere decisioni, decisioni che sapevamo avrebbero impattato sulla vita delle persone.

E poi interscambio: sicuramente in questi frangenti il confronto con gli altri Direttori HR è stato importante: Farmindustria ha organizzato riunioni periodiche di condivisione, nelle quali avevamo la possibilità di raccontarci le azioni che nelle diverse aziende si stavano implementando.

Come avete agito rispetto ai collaboratori dell’azienda? Cosa vi hanno chiesto?

Noi siamo anche una realtà industriale, quindi abbiamo dovuto gestire chi stava a casa in smartworking e chi invece stando a casa non poteva lavorare visto il tipo di mansione svolta. Soprattutto era delicata per chi andava sugli impianti produttivi, che andavano a pieno regime, e anzi di più, oltre che naturalmente la situazione degli informatori scientifici, i RAM e la medica di territorio. Ci siamo dati nuove regole per lavorare in sicurezza, abbiamo aumentato le scorte in previsione di un eventuale stop a causa di un focolaio, e tutto questo con il pensiero agli ospedali che erano in piena emergenza e che avevano bisogno dei nostri prodotti. Insomma, non ci siamo mai fermati.

Questo stress produttivo ci ha portati a comunicare in maniera differente. Abbiamo, inoltre, aumentato lo scambio delle informazioni tra le funzioni, e ci siamo impegnati, spiegando alle persone il perché di certe decisioni e rispondendo ai loro dubbi.

Quali richieste ti sono giunte dai dipendenti dell’azienda in questi mesi?

La direzione da prendere, questa è stata la vera richiesta. Non sono mancati con i sindacati momenti di confronto importante. Abbiamo capito in questo caso che era necessario ascoltare ed essere più decisi. Le persone hanno bisogno di sentire che ti stai occupando di loro, che hai consapevolezza di ciò che provano e di dare soluzioni ai loro problemi.

Quali buone pratiche avete avviato nella prima parte del 2020 e pensate di mantenere?

Abbiamo comunicato di più e meglio: abbiamo registrato periodicamente podcast sull’andamento dell’azienda e sul cambiamento in corso, abbiamo organizzato master per la gestione dello stress e della resilienza, nel corso dei quali si è cercato di tramutare le difficoltà del momento in opportunità; sono stati molto apprezzati, perché si è trattato di momenti di formazione in un periodo in cui si navigava davvero a vista.

Abbiamo, inoltre, lavorato con i manager sulla gestione delle persone da remoto: abbiamo diffuso semplici vademecum per la gestione efficace delle riunioni, per la relazione con i collaboratori a distanza e per l’engagement, per la gestione del tempo di lavoro nel rispetto dei tempi della vita personale… abbiamo insomma provato a dare delle regole che traslino nel virtuale e nel digitale la vita fisica di ufficio. Perché oggi ogni contatto digitale è come entrare nell’ufficio di qualcuno.

Cambiamo ora un po’ argomento e proviamo a tornare al presente per poi proiettarci verso il futuro. Qual è il presente e quale sarà il futuro della funzione HR in questo New Normal?

Il ruolo vero di HR è, secondo me, essere un “mirror” dei manager: essere vicini a coloro che prendono decisioni di business, in grado di far loro capire se e come le scelte che stanno prendendo sono aderenti ai valori aziendali, che quel che stanno facendo lo stanno facendo in modo corretto, se ci sono modi diversi per fare la stessa cosa. Insomma, un HR sempre più con un ruolo di coach, di consulente interno, sempre più distaccato dalle tematiche hard, che oggi sono in capo a chi gestisce le persone. HR, dunque, più come counseling, con un ruolo più sfidante, mentre tutta una serie di altre cose possono essere gestite esternamente, in outsourcing.

Quali ulteriori cambiamenti pensi avverranno nel mondo del lavoro nei prossimi mesi/anni? Quali nuove competenze o attitudini dovranno possedere i manager di un’azienda per affrontare le sfide che ci attendono?

La componente sindacale è molto presente oggi e le tematiche di sicurezza, di diritto alla disconnessione, in generale di un lavoro che cambia in modo impattante, saranno temi di confronto su cui trovare un punto di incontro e una regolamentazione comuni. Sarà però comunque importante continuare a lavorare sui manager e sulle loro competenze di problem solving e di decision making.

Sono le competenze che vorrei vedere sempre più sviluppate nei manager del futuro.

Infine, c’è il fattore umano, e cioè la gestione delle persone e delle problematiche a queste legate: anche se ci costruiamo il team ideale, le persone hanno comunque una vita personale che si deve conciliare con la vita professionale e che influisce sul lavoro del team. E tutto questo va gestito.

Quale ruolo giocherà il Digital negli sviluppi aziendali futuri?

Mi piacerebbe che ogni singola persona che si trova di fronte a una situazione non digital proponga una soluzione digital. Nel lavoro dobbiamo sempre cercare una soluzione digitale che semplifichi il lavoro di tutti. Le nuove organizzazioni devono essere adattive, come l’acqua, che, a seconda del recipiente in cui si trova, ne prende la forma: le aziende devono fare lo stesso e nella maniera più veloce possibile. Se io riesco a adeguare la mia organizzazione alle esigenze esterne, ho un vantaggio competitivo.