Cosa accade dietro le quinte quando noi Head Hunter siamo in cerca? Partiamo sicuramente da una job description e da un contesto – quello aziendale. Quindi iniziamo la nostra “caccia” alla ricerca del mix ideale, bilanciando i diversi fattori che pesano – competenze tecniche e relazionali, intelletto fino e comunicazione efficace, in una complessità non indifferente, che però è ciò che rende il nostro lavoro anche così intrigante.
Il candidato, per ora sereno nella propria comfort zone mentre sorseggia un caffè con il collega alla macchinetta, ecco riceve una nostra chiamata – da un numero sconosciuto! -, risponde tra il dubbioso e lo speranzoso e, una volta svelato chi ci sia dall’altra parte, può decidere di salire a bordo (o meno…) e inizia anche la sua avventura.
Non si aspetta molto, all’inizio, non si attende un’esperienza, ma alla fine sarà anche da quello che vivrà che , a sua volta, valuterà l’azienda .
Le nostre valutazioni si incentrano sulla compatibilità tra ciò che cerchiamo noi Head Hunter e la persona, ma mentre noi valutiamo lui/lei, questi valuta e noi e l’azienda, in un gioco di reciproche letture ed analisi.
Che cosa guardano i candidati? In altre parole: quali sono gli elementi della Candidate Journey da tenere in considerazione? Le loro aspettative, al di là dell’interesse reale per la posizione considerata, sono spesso alte.
Il primo elemento è una giusta velocità: di riscontro sull’invio del CV, rispetto alla aderenza o meno alla job description, ma anche nella convocazione con noi se c’è reciproco interesse a vedersi e soprattutto dopo, quando come parte di una short list di candidati approdano sul tavolo del cliente. Il candidato si aspetta che il processo abbia un proprio ritmo, che le cose accadano (se ci sono i presupposti). Per esempio, che non passi troppo tempo (ma neanche troppo poco!) tra la presentazione della rosa al cliente e la convocazione per un incontro con il cliente.
L’ “incontro in azienda” è un buon esempio di come lo stesso percorso, visto da prospettive differenti, possa conferire livelli di attenzione diversi ad uno stesso momento. Il candidato, nella sua Candidate Experience, tende, ad esempio, a vivere come rilevante, talvolta non al pari dell’azienda, quella che noi Head Hunter chiamiamo l’“anticamera”, e cioè: quanto la persona ha atteso prima di essere ricevuta? Come è stata accolta? Dove è stata colloquiata?
Il punto non è l’attesa in sé, ma è la comunicazione rispetto all’attesa e a come “si riempie” questo vuoto già di per sé contestualizzato emotivamente e percorso da una sottile ansia dovuta al senso di valutazione o inteso come momento di limbo.
E’ sufficiente un’assistente sorridente che comunica che l’AD è stato trattenuto (assolutamente realistico) e offre un caffè (camomilla?) e una rivista. La tensione si stempera con una conversazione leggera ma pertinente, rendendo l’attesa un momento a volte utile per ripensare e ripercorrere i punti salienti del proprio CV e i propri desiderata.
Il secondo elemento è la chiarezza: degli scenari e delle prospettive, a cui aggiungiamo una comunicazione diretta ed esplicita rispetto a cosa ci si deve aspettare. La chiarezza ad esempio – e non suoni paradossale – può essere elemento essenziale nel descrivere uno scenario in mutamento e in evoluzione, con cui chi andrà a ricoprire infine la posizione si troverà subito a confronto, come sempre più spesso avviene.
Ulteriore elemento che mi sento di sottolineare è il feedback: quali sono stati lato azienda? In quali casi? E come l’azienda gestisce in modo diretto la relazione con i propri candidati?
Coloro che non sono stati scelti desiderano avere un riscontro: il nodo è perché non io? Senza entrare ora nel merito dei contenuti della risposta, restiamo qui sul fatto che una risposta è attesa.
L’importante è chiudere il cerchio, riconnettere l’inizio e la fine, in un processo di pacificazione. Il momento del feedback, quando ben dato e condiviso, può diventare per il candidato momento di presa di coscienza di determinate dinamiche e quindi di crescita personale .
Questi elementi cardine della Candidate Experience riguardano anche noi Head Hunter, che abbiamo il delicato ruolo di mediare tra candidato e azienda, dando un senso ai tempi, alle attese, a certi silenzi, a quegli Stop&Go che poi ricalcano il passo stesso della vita – raramente lineare e retta, più spesso tortuosa ma non per questo (o forse per questo) affascinante.
Nel riscontro al candidato, la doppia voce Head Hunter-azienda cerca di armonizzarsi, attraverso un confronto franco e sereno e un dialogo dietro le quintesu come sono andate le cose, per ogni singola persona. Ciò che restituiamo e come lo restituiamo diventa così un elemento di Brand Reputation.
L’esperienza del candidato rispetto al processo di selezione nelle sue diverse fasi racconta molto dell’azienda cliente oltre il dichiarato ed esplicitato. Delinea stili di comunicazione, di relazione, di gestione delle risorse – stile della “casa”, valori .
Davvero il vissuto del candidato, la sua parabola esperienziale, in un momento così peculiare, diventa per lui/lei uno dei tasselli del puzzle che lo/la porteranno a dire: “Sì, questa nuova avventura fa per me”.
E salpare così per nuovi lidi: perché non è solo l’azienda che sceglie, ma anche il candidato.