Massimo Bottacin ricopre oggi il ruolo di Senior Vice President HR & Organizational Development in Stiga Group, multinazionale che produce e distribuisce tosaerba e un’ampia gamma di attrezzi da giardino motorizzati. Ha iniziato la sua carriera sempre nell’ambito delle Risorse Umane in Electrolux, per poi proseguirla in Ideal Standard e Permasteelisa.
Com’è andato il periodo della pandemia e quali azioni avete messo in campo?
Una prima azione che abbiamo adottato è stata l’implementazione radicale dello smartworking. Non ti nego che abbiamo riscontrato inizialmente una certa esistenza su questo punto da una parte del management. Tuttavia, la priorità relativa alla salute delle persone ha prevalso, anche in un territorio come il nostro, ovvero quello veneto, che sente in modo forte l’esigenza di lavorare in presenza, probabilmente più che in altre aree geografiche. In particolare, quest’anno la presentazione dei nuovi prodotti l’abbiamo gestita totalmente da remoto. È stato un vero successo: non potendo assicurare un’esperienza dal vivo, abbiamo spedito i prodotti con un buon anticipo e, in un secondo momento, li abbiamo presentati in modalità virtuale. La quantità di lavoro è stata sicuramente imponente, ma i risultati si sono visti. Non ci siamo persi d’animo, ma anzi l’impegno è stato maggiore con un risultato pazzesco. Uno dei migliori degli ultimi anni.
Come pensi si sia evoluta la leadership nel contesto attuale?
Penso che la leadership vada sempre più intesa come capacità di influenzare gli altri. Oggi l’approccio autoritario diventa difficile da applicare al lavoro da remoto: in particolare la distanza fisica riduce la forza e l’autorità che i leader possono esercitare. Ora più che nel passato, la leadership si deve caratterizzare per uno stile di comunicazione efficace, più chiaro, veloce e sintetico. Il digital tende a sintetizzare molto la comunicazione: in una call è davvero difficile porre attenzione al comportamento non verbale dell’interlocutore. Da qui l’importanza che la comunicazione del leader abbia la capacità e l’efficacia necessarie ad influenzare l’altro, facendo sì che ascolti attivamente e rispetti il leader per il modo in cui spiega le cose.
A questo punto quali competenze faranno davvero la differenza nei profili manageriali?
Il manager dovrà sicuramente diventare più empatico e fornire più feedback, altrimenti non riuscirà mai a gestire in maniera efficace il proprio team. In particolare, il feedback deve essere chiaro, conciso, aperto e diretto, aspetti questi più stringenti nel lavoro da remoto dove è fondamentale mantenere un rapporto coi propri collaboratori e guidarli misurando le performance e dando feedback. Qui entra in gioco anche un fattore culturale: rispetto a quelle precedenti, le nuove generazioni ricercano un work-life balance e un feedback più continuo. Il leader “controllore” non andrebbe che ad abbassare engagement, motivazione e performance del suo collaboratore. Il controllo assiduo, soprattutto per queste figure, diventa un elemento critico di disturbo. Invece il capo che delega, ascolta e dà feedback continuo, sia positivo che negativo, è quello che avrà più presa sulla nuova generazione di lavoratori.
Come hai visto cambiare il lavoro col tuo team?
La non vicinanza fisica ha sicuramente reso i rapporti più labili. Per essere sincero, sono mancati molto i momenti di condivisione non lavorativi come compleanni in ufficio e pause caffè: è importante non perdere questo human touch. Inoltre l’uso delle mascherine ha impedito di cogliere alcuni segnali facciali, impoverendo così la conversazione one to one. Diventa necessario creare nuovi momenti informali in cui poter parlare col proprio team, per vedere se ci sono elementi di disagio che si potrebbero attenuare e preservare così un positive mood.
Ci sono state delle prassi che avete applicato per forza ma che poi avete mantenuto, una volta resi conto che erano corrette?
Mi vengono subito in mente modalità di lavoro più agile, un orario di lavoro flessibile e, in generale, un migliore work-life balance. Penso poi che la pandemia abbia ridato importanza al rispetto verso gli altri, con una maggiore propensione a stare attento all’altro. Per esempio, era fondamentale usare la mascherina non solo per la propria sicurezza ma anche per proteggere i propri colleghi. Un concetto su cui abbiamo riflettuto molto è stato la riorganizzazione degli spazi: sono convinto che ci saranno sempre meno uffici dedicati a una singola persona, a favore di più spazi comuni e condivisi. L’azienda potrà venire concepita come un posto in cui fare smart working.
Su quali aspetti avete riscontrato maggiori difficoltà e come le avete gestite?
Mi viene in mente la gestione dei percorsi di on-boarding a distanza. Causa lockdown, abbiamo predisposto il lavoro in smartworking a rotazione. Abbiamo cambiato dapprima gli spazi interni, sacrificando le sale riunioni e trasformandole in spazi comuni. Abbiamo cercato il più possibile di effettuare l’on-boarding fisico per evitare di penalizzare i nuovi assunti. Siamo un’azienda di produzione e realizzazione di prodotto: per noi è importante lavorare in azienda. Quindi abbiamo pianificato in dettaglio la presenza in ufficio, così da permettere ai nuovi assunti di conoscere de visu i propri collaboratori, anche se uno alla volta. L’esperienza dell’on-boarding in presenza è vitale per permettere al nuovo collaboratore di entrare nella cultura e di apprendere il senso stesso dell’azienda.