La consapevolezza non manca e le best practice adottate dai manager HR durante il lockdown sono frutto di strategie e mobilitazione di energie e operatività destinate a far parte della vita delle aziende anche nel post emergenza. Questi e altri aspetti emergono in maniera esplicita dalle parole di Irene Parravicini di Daikin, Alberto Talu di Istituto Ganassini e di Luca Battagliero di AMCO.
Indubbiamente, l’aspetto su cui la pandemia ha impattato maggiormente è la relazione tra le persone, tra colleghi e tra capo e collaboratori: la spinta verso nuove pratiche di fiducia è stata necessaria e salvifica, e la distanza tra le due parti si è accorciata. Questo perché hanno iniziato a sviluppare modalità di comunicazioni diverse, avvicinandosi ai colleghi nonostante la distanza.
“Questa situazione porta a prendersi cura delle persone, in particolare in questa seconda ondata, che è molto più invasiva e che sta portando a cambiamenti e accelerazioni anche nel business, e noi come HR siamo direttamente coinvolti perché le persone e l’organizzazione devono riorganizzarsi.”
È altrettanto vero che il futuro del lavoro sarà sempre più mobile e cangiante, a tratti non sarà facilissimo e questo “richiederà sempre più spirito innovativo, e la capacità di lavorare per progetti, pur con una base comune a tutti i lavori determinata dal possesso di soft skills collaborative”.
Le aziende avranno “una metamorfosi continua, con una necessità di fare investimenti (che non tutte potranno permettersi), per consentire una ripresa, riuscire a cogliere i cambiamenti che questa fase sta portando e rinascere in un modo completamente diverso”
Il mondo HR deve essere il primo a saper leggere le competenze che cambiano nel mondo del lavoro, che è poi il mondo del business, e deve dotarsi di strumenti che siano tali da intercettare quelle persone che per prime potranno attivare il cambiamento, interpretandolo con il giusto spirito e la necessaria dose di innovazione.
“Non avremo più il tempo che abbiamo avuto nel passato, non avremo più davvero competenze consolidate negli anni, anzi, andranno rinnovate continuamente: la formazione di conseguenza cambierà totalmente, e continuerà in questa sua evoluzione, nell’essere più digitale e nel cogliere la possibilità di vivere l’esperienza in modo diverso.”
Osservare e gestire le emozioni nel mondo professionale sarà forse la vera frontiera e da l’apparente paradosso: tutto ci spinge con un’accelerazione mai vista verso il digitale e tutto, contemporaneamente, ci riporta alla dimensione umana, di relazione e autenticità.
Le emozioni sono sdoganate da tempo nel linguaggio del manager e del leader ma solo oggi manager e leader ci fanno i conti tutti i giorni.
“Le competenze che i manager dovranno sviluppare saranno sempre più soft: l’umanità, la propensione al prossimo, la capacità di comunicare e soprattutto ascoltare, trasmettere e relazionarsi con persone (e non con risorse)”.
Le nostre persone rischiano di essere logorate dalla forzatura di lavorare in casa, dal mancato equilibrio tra privato e professionale; “tutto questo deve essere gestito consapevolmente e resettato ciclicamente”. Alcune aziende hanno deciso di organizzare ciclicamente programmi di interventi che aiutino a imparare come gestire al meglio ed efficacemente l’attività quotidiana, trovando il punto di equilibrio.
Non sarà facile ma mi piace pensare che saremo ispirati dalla “migliore immagine di sé” nel nostro modo di essere e agire nelle situazioni, questa esperienza avrà insegnato a tanti ad essere e non solo a gestire.