Quali azioni avete implementato per far fronte alla pandemia?

Già prima della pandemia, nel 2018, avevamo implementato, dove le condizioni lavorative lo consentivano, lo smartworking, e avevamo raccolto dei feedback molto positivi a riguardo, soprattutto per le ricadute positive in termini di work-life balance.

Tuttavia, con questa pandemia e con la necessità di lavorare quasi sempre da remoto abbiamo, invece, notato, soprattutto nell’ultimo periodo, un peggioramento del bilanciamento fra vita privata e professionale, tenendo anche conto che per la fascia impiegatizia il lavoro da remoto è stato un passaggio abbastanza fluido, mentre per le persone che lavorano in produzione abbiamo fatto dei ragionamenti differenti. In quanto azienda alimentare, infatti, dovevamo continuare a produrre garantendo livelli di sicurezza massimi per preservare la salute dei lavoratori, anche quando le indicazioni governative erano lacunose.

Cosa ti hanno chiesto le persone?

Le nostre persone ci hanno chiesto in primis un supporto sul lato più umano: il distanziamento è divenuto un tema saliente proprio a causa di modalità di lavoro da remoto che hanno isolato ogni persona dal contesto e dai rapporti aziendali. Sono dunque venuti a mancare i classici momenti di interazioni informali che si creano in ufficio. In secondo luogo, è nata una richiesta sul lato più tecnologico, in quanto gli strumenti che i dipendenti avevano a disposizione a casa erano a volte meno efficienti, e avrebbero potuto causare un rallentamento delle attività. 

Come avete fatto fronte a queste richieste?

Per quanto riguarda l’aspetto umano, abbiamo creato dei momenti informali per ricreare le conversazioni e le interazioni che sarebbero avvenute spontaneamente in ufficio. Per esempio, abbiamo introdotto dei virtual cofffee meeting e dei breakfast meeting, dove si potesse parlare del più e del meno senza la necessità di dover parlare di business. Abbiamo poi istituito una newsletter settimanale che viene lanciata tuttora il venerdì nel primo pomeriggio, dove si trovano suggerimenti e indicazioni, ad esempio, su cosa cucinare o su come trascorrere il fine settimana, così da coinvolgere le persone stesse chiedendo loro di proporre ricette o film o tour virtuali al museo.

Dal punto di vista tecnologico, invece, ci siamo adoperati per migliorare le dotazioni di ciascuno, offrendo talvolta voucher per acquisti di strumenti o attrezzature che servissero per migliorare le condizioni di lavoro da casa.

Come pensi che sia cambiato il ruolo HR?

L’HR è cambiato molto, è divenuto più coach e mentor. Ci stiamo allontanando da un ruolo di HR di funzione, limitato al dettare regole e adoperarsi per fare in modo che queste vengano rispettate. Oggi ritengo che il ruolo dell’HR debba essere soprattutto di supporto alla persona, di aiuto nel momento del bisogno, cercando anche di prevenire le esigenze delle persone. La pandemia ha sicuramente rimesso al centro il fattore umano che in una fase di finanza imperante si era un po’ defilato. 

Il ruolo HR è cambiato, vero, ma cambierà ancora nel momento in cui si tornerà alla nuova normalità. Oggi si parla di HR Business Partner, ma io penso che non sarà solo un partner del business, ma che sarà un HR che deve guidare il business, divenendo centrale proprio perché la risorsa umana ritorna centrale.

Quali sono state le competenze che in qualità di HR Director hai allenato maggiormente?

Sicuramente io e il mio team abbiamo allenato un approccio alla relazione maggiormente informale, utilizzando anche delle tecniche che di informale hanno poco, come il coaching e il mentoring. Ci siamo allenati molto nel creare e nel gestire il rapporto con le persone a distanza, cosa non semplice, sviluppando la nostra capacità di essere vicini e di far sentire questa vicinanza alle persone, pur non avendole vicine fisicamente. Questo ci ha impegnato tanto. Abbiamo così scoperto dei nuovi modi per interagire in mancanza della presenza fisica..

Come sarà il New Normal in Nomad Foods?

Abbiamo lanciato un progetto dedicato a riflettere sui cambiamenti che ci aspettano, anche di tipo strutturale e relativi al layout degli uffici: non open space ma luoghi più di scambio con i colleghi, non più una scrivania fissa, ma degli hot desk.

Banalmente, anche l’uso della carta cambierà: in questi mesi abbiamo sperimentato quanto si possa fare a meno della carta e quindi l’archiviazione cartacea diventerà un ricordo del passato. Si lavorerà molto di più sul pc e sul digitale con minor spreco. Ci sono una serie di nuove abitudini che prevarranno nella nuova normalità e bisognerà adattare il posto di lavoro in ufficio ad esse. Altre caratteristiche del New Normal saranno sicuramente la centralità della risorsa umana, la digitalizzazione, un processo ormai inarrestabile, l’uso dello smartworking in maniera massiva e una maggiore propensione al work-life balance

Come sarà il Manager del futuro?

Immagino il ruolo del line manager sempre più come il coach del proprio team e dei propri collaboratori. Mi immagino un lavoro che si focalizzi sempre più sugli obiettivi e sui risultati. Le persone non saranno più obbligate a rispettare un certo orario di lavoro, ma ci sarà sempre più una tensione al risultato piuttosto che un’attività legata alle fatidiche otto ore giornaliere. 

Quale pensi sia il ruolo del digitale nel New Normal?

Siamo un’azienda di fast consumer goods, siamo presenti sui social e sempre più attenti alle reazioni dei social media. La digitalizzazione oggi è preponderante anche nella vendita: abbiamo assistito a un incremento a tripla cifra dell’e-commerce, e questo incremento, conseguenza di un’emergenza, non è venuto meno nei momenti del periodo estivo, quando le restrizioni erano meno stringenti. Questo incremento ce lo porteremo dietro anche nella nuova normalità. Per noi è fondamentale investire nell’e-commerce, per non correre il rischio di sparire nel medio periodo.

Una volta le lamentele dei consumatori arrivavano attraverso i mezzi tradizionali, oggi siamo molto attenti a quelli che sono i feedback che riceviamo sui social perché sono la fonte principale di dissenso o di consenso da parte del consumatore. Non avere un presidio su questi aspetti, non avere un team marketing che ha più di un occhio sul digitale significa non stare al passo con i tempi e alla lunga scomparire dal mercato o non cogliere delle opportunità che il mercato ti offre.

Come avete gestito gli onboarding in questo periodo pandemico?

Abbiamo introdotto in azienda un programma di reverse mentoring in cui il senior aiuta le nuove risorse a entrare in azienda, ma in maniera speculare il junior aiuta il senior sui temi quali la digitalizzazione. Questo è risultato essere un approccio win-win che avevamo sperimentato ancor prima del Covid-19 e che successivamente l’emergenza ha evidenziato.