Come hai vissuto il periodo della pandemia in qualità di HR Director?

È inutile dire che è stato uno tsunami che ci ha colto di sorpresa, un’emergenza imprevista e imprevedibile, senza che ci fossero riferimenti di vita vissuta a cui poter attingere. Sono stati mesi travolgenti che hanno avuto un’intensità pazzesca.

Una cosa che desidero sottolineare è il peso della responsabilità: mi sono reso conto che dovevamo gestire un’emergenza profonda, ampia, dai contorni non definiti, e dal modo in cui avremmo gestito la situazione dipendeva la sicurezza di 2600 persone e delle loro famiglie.

Come è cambiato il tuo ruolo di HR Director?

Prendere coscienza che il modo in cui agivo aveva un impatto diretto sulla vita delle persone è stata una presa di coscienza importante e ho sentito il peso di questa responsabilità, naturalmente condivisa con l’AD e con il team di vertice dell’azienda.

Il comitato di crisi era operativo con il management board e da subito c’è stata comunione di visione: la salute delle persone al centro con l’obiettivo primario di mettere in sicurezza i dipendenti. Questo ci ha permesso di essere tempestivi nel prendere certe decisioni anche in una situazione di profonda asimmetria informativa.

Quali iniziative avete intrapreso per le persone?

Avevamo già una pratica di smartworking diffuso sulle sedi – intesa come possibilità di lavorare da remoto – dal 2015. L’unico ambito che non era remotizzato era il customer care: in una settimana abbiamo messo nelle condizioni anche loro, circa 400 persone principalmente su Bari, e abbiamo scoperto che non accedevano allo smartworking per motivi culturali, e non tecnologici. Il Covid-19 è stato un acceleratore di trasformazione culturale e di mindset importante: in maniera quasi naturale abbiamo sostituito l’esercizio del controllo con quello della fiducia, e abbiamo ottenuto in cambio una risposta molto positiva dalle nostre persone.

I valori di Fastweb sono il care, il coraggio e la sostenibilità. Questa emergenza ci ha dato la possibilità di trasformare i valori in azioni concrete. Soprattutto il care ci ha guidato e ci ha fatto essere coraggiosi: mettendo le persone dall’oggi al domani in smartworking non potevamo prevedere gli impatti organizzativi e di business. Abbiamo vissuto in tempo reale con la gestione dell’emergenza. E lo abbiamo fatto con coraggio.

Come hanno reagito le persone dell’organizzazione alle decisioni prese?

Io credo che la mossa vincente sia stata la tempestività: spesso siamo riusciti ad anticipare le esigenze delle nostre persone. “Agorà” è la nostra intranet e costituisce una sorta di sede sempre aperta: i commenti che abbiamo ricevuto sono da commozione e sono state le persone a farci capire che eravamo sulla strada giusta e che stavamo rispondendo alle loro necessità, in primis quella di lavorare in condizioni di sicurezza per sé e per la propria famiglia.

E poi abbiamo lavorato sul potenziamento e su una diversa modalità di comunicazione con le persone. Ricordo Cito ad esempio la ormai famosa e attesa e-mail in broadcast del lunedì del nostro AD, prassi che in essere ancora oggi, a cui si aggiungeva una comunicazione in broadcast il venerdì. Il lunedì davamo aggiornamenti più legati all’emergenza, al business, all’andamento dei progetti e alla strategia, con l’obiettivo di tenere ingaggiate le persone rispetto al nostro business e alla nostra progettualità. Le comunicazioni del venerdì erano, invece, più di coinvolgimento: è qui che abbiamo lanciato, ad esempio, i racconti del weekend in digitale e analogico da postare su Agorà.

Abbiamo optato per una comunicazione diretta, disintermediata: io stesso ho cominciato a comunicare in modo più diretto, perché alla fine la comunicazione digitale ci porta a essere più visivi ed immediati – abbiamo utilizzato molto di più i video, a partire proprio dal nostro AD, perché il desiderio era di condividere e di farsi vedere dalle persone, per dare una sensazione di vicinanza.

E ha funzionato. Lo dimostrano per esempio alcune citazioni delle persone che lavorano in Fastweb, condivise in modo spontaneo attraverso la Intranet:

Guardandomi intorno ho visto ho visto gente disperata che ha perso tanto, io mi sono sentita al sicuro sin da subito. Da una parte il Welfare, che ci ha tutelati in ogni modo, ricordo la commozione, sì la commozione, nel ricevere qualunque comunicazione il cui messaggio intrinseco era “ci prendiamo cura di te, della tua famiglia, non sei sola, qualsiasi cosa accada”. Dall’altra il nostro CEO che ci ha guidato e ha condiviso con noi qualcosa che va oltre il rapporto AD-dipendenti: umana connessione, conforto, spensieratezza, guida. E poi Agorà, il primo portale consultato ogni mattina, il messaggero, il mio faro. Proprio così, mi sono sentita avvolta in un abbraccio e tutto quanto è diventato più sopportabile e all’improvviso mi sono detta “Andrà tutto bene”. Questo ci ha sicuramente permesso di portare avanti, con lucidità e determinazione, il nostro lavoro quotidiano. (Roberta)

Fiducia e Responsabilità. Penso siano le 2 cose che ci fanno tenere la rotta e che ci fanno incanalare tutta la nostra energia positiva verso la meta. Fiducia in se stessi per crederci, fiducia negli altri per lavorare “più leggeri”, per non dissipare energia fisica e mentale. Responsabilità per mantenere gli impegni e per dare anche agli altri la possibilità di fidarsi! Lavoriamo responsabilmente! (Giuseppe)

Le iniziative che Fastweb ha messo in campo in questo periodo sono perfette! Sono tornato ad essere completamente fiero di far parte di quest’azienda!!! (Mario)

Alberto, a distanza di tempo si riesce ad apprezzare ancora una volta in più, quanto sia stato forte il tuo coraggio di pensarci pronti per quest’avventura. La fiducia riposta in ognuno di noi ha dato a tutti la forza di affrontare la nuova realtà lavorativa e conciliarla al meglio con la vita familiare (Michela)

Lontani… ma più vicini di prima e adesso più che mai! Grazie per questa costante condivisione che personalmente mi rende sempre più coinvolta e aumenta sempre più il senso di responsabilità e appartenenza a questa grande squadra che è la nostra azienda (Giovanna)

In un momento di grande incertezza, poter contare su chiarezza di informazione, cura e vision del futuro, ti fa essere pronto per il prossimo passo con cui iniziare (Andrea)

Come è cambiata l’organizzazione a valle di questo 2020?

Abbiamo reso strutturalmente molto più orizzontale l’azienda: l’ingaggio delle nostre persone è stato molto diretto, poco mediato, l’AD stesso ha instaurato una relazione anche con alcuni colleghi che si sono sentiti liberi di entrare in relazione con lui anche sul piano umano.

Abbiamo capito tutti il legame che c’è tra fiducia e responsabilità: l’azienda conta sul senso di responsabilità e di restituzione della fiducia.

Abbiamo innescato un modo di lavorare che parte dal concetto di smartworking ma che approda in un più veritiero “working smarter”: già l’uso degli spazi per noi era smart (con sistema di prenotazione della postazione, senza scrivania assegnata) e aveva connaturato in sé il concetto di responsabilità, che oggi si attua nella scelta delle persone se e quando andare in ufficio, senza un particolare iter autorizzativo e avendo a disposizione una app per la prenotazione della postazione.

Come è cambiato il tuo ruolo con questa pandemia? E quello del tuo team?

Credo che un grande tema sia quello delle emozioni: penso che questa situazione ci abbia fatto capire come ciascuno di noi nel proprio ruolo sia sempre più chiamato a entrare in dialogo con le emozioni delle persone. Molte delle comunicazioni che facevamo sdoganavano la condivisione delle emozioni e tanti ci hanno risposto condividendo le proprie. Ecco, io credo che questo tsunami ci abbia insegnato questo. E credo che sarà una componente con cui avrò a che fare nell’esercizio del mio ruolo: capire che si può essere anche più liberi nel dirsi come si sta.

Un altro elemento con cui penso che dobbiamo fare i conti è l’incertezza: l’HR è ossessionato dal dare risposte e certezze, mentre ora bisogna saper sdoganare anche l’incertezza, saper dire “non lo so”, fare cambiamenti e poi essere in grado di dire “vedremo”. Cosa c’è di male nel dirsi che siamo in un mondo fluido? Meglio dare la propria visione delle cose o dire piuttosto che non si ha ancora una visione compiuta.

Posso dire anche di aver cambiato il modo in cui comunico e mi relaziono con le persone, una comunicazione più libera, meno filtrata, più autentica.

Cosa avete organizzato per le persone dell’organizzazione?

Sul tema delle emozioni abbiamo messo in piedi un sistema di supporto psicologico e iniziative rivolte alla persone: la primavera scorsa abbiamo lanciato una campagna che si chiamava “Finestre sulla primavera”, in cui un critico raccontava le opere d’arte famose che ritraevano la primavera, abbiamo attivato la rubrica “Energia per la mente e per il cuore” in cui lo psicanalista Recalcati ha condiviso con noi alcune sue considerazioni sul concetto di trauma, Philippe Daverio ci ha raccontato la storia delle pandemie nel mondo, il giornalista Maurizio Molinari ci ha spiegato la sua visione sul rapporto tra pandemia e geopolitica, Daria Bignardi ha raccontato il suo rapporto con l’ansia. Credo che porteremo avanti queste iniziative anche in futuro.

Qual è il futuro del tuo ruolo e della funzione HR?

Il benessere organizzativo credo che sia come un faro per l’HR: credo che il welfare aziendale e lo sviluppo delle competenze digitali assumeranno un’importanza crescente, proprio per lo sguardo che pongono, seppur da angoli prospettici differenti, sulla centralità della persona.

Posso inoltre dire che oggi mi sento molto più libero di sbagliare: se sbaglio pazienza, se sbaglierò spiegherò alle persone perché ho sbagliato.

Credo che il mio ruolo, inoltre, sia storicamente sempre stato pensato come rivolto all’interno dell’organizzazione – perché il perimetro di azione principale sono i collaboratori, ora però stiamo guardando molto alla sostenibilità. Parliamo di care oggi non solo verso le nostre persone, ma anche verso la cittadinanza e la comunità verso cui sentiamo una grande responsabilità e su cui si innesta appunto il concetto di sostenibilità, grazie al nostro grande sforzo di contribuire alla digitalizzazione del Paese. Abbiamo inoltre lanciato “Next Generation 2025”, il piano a cui le persone dell’azienda, dal punto di vista sociale, contribuiscono donando ore di lavoro per la costituzione di un fondo da 1 milione di euro per sostenere i piccoli imprenditori, insieme a Fondazione Cesvi.

Come immagini che sarà il mondo del lavoro?

Vedo un mercato e un’organizzazione del lavoro che saranno più libere, incentrate su scelta, fiducia e responsabilità. Ora l’emergenza ci ha costretto a questo smartworking forzato, ma quando questa situazione finirà sarà tutto frutto di scelte: sarai tu a decidere se e quando lavorare da casa, di notte, in ufficio, in sede. Alla fine credo che la dimensione spazio-temporale sarà destinata a essere soppiantata all’insegna della libertà e della responsabilità.

Sicuramente poi c’è un tema di competenze: noi stiamo lavorando a programmi di reskilling e di upskilling per aiutare le nostre persone a far evolvere le proprie competenze e ad acquisirne di nuove (per esempio su 5G e cybersecurity) con l’intento di diventare un over the top infrastrutturato, una sorta di Netflix delle telecomunicazioni. Questa è la nostra ambizione strategica.

Quali competenze servono per sviluppare questo tipo di strategia?

Cito questa strategia perché ci servono competenze tecniche, che acquisisci però solo se hai un mindset e un’attitudine che favoriscono questo tipo di cambiamento. Le competenze frutto degli anni di esperienza sono un ancoraggio da cui talvolta le persone fanno fatica a staccarsi, anche per paura: serve che si crei una cultura del cambiamento che favorisca l’abbandono delle vecchie competenze per acquisirne di nuove. È un cambio di mindset in cui le persone possano esprimere la propria imprenditorialità, possano sbagliare, possano scegliere come mettersi in gioco, persone che non facciano ciò che devono fare perché glielo chiede il capo, ma perché sono loro a volerlo.

È questo un profondo cambiamento: dobbiamo lavorare affinché le persone portino anche dentro al lavoro le proprie passioni e i propri interessi. L’azienda ha in questo caso la responsabilità di creare un tessuto connettivo il cui presupposto è che le persone comprendano che non è l’azienda che mi deve formare, ma che piuttosto l’azienda mi deve mettere nelle condizioni di imparare continuamente cose nuove.

Quale sarà il futuro della tua funzione?

Come HR in Fastweb abbiamo la sfida di fare un salto evolutivo sul fronte degli analytics: ci stiamo lavorando.

In generale come azienda stiamo facendo un percorso di awareness sui temi dell’intelligenza artificiale, degli IOT, del machine learning, per creare consapevolezza, per creare un comune sentire in cui le persone si sentano libere di approfondire, capire e provare. Abbiamo anche la Fastweb Digital Academy, che lavora sulla digitalizzazione del Paese e che sposa il nostro valore della sostenibilità. Sarà sempre più importante il digitale, che non è sapere usare il pc ma è un mindset, sarà sempre più connesso ai temi dell’agile.

Come il digitale influenzerà gli sviluppi aziendali futuri?

Il digitale è una declinazione del mondo del lavoro, che sarà sempre meno gerarchico e sempre più orizzontale: lavoreremo sempre più in team cross-funzionali, vincerà la competenza rispetto alla seniority o alla posizione nell’organizzazione. E avremo un approccio più hands on anche quando torneremo in ufficio.