Come hai vissuto il lockdown passato e presente in qualità di HR Director?
È sicuramente qualcosa che ci ha travolto e che continua a travolgerci. Penso che innanzitutto questa situazione abbia portato a galla la parte più soft delle persone, perché comunque questa situazione, per alcuni di paura per altri meno, per tutti con richieste di flessibilità e di riorganizzazione viene vissuta in maniera diversissima dalle singole persone, che perciò tendono a reagire in modi altrettanto diversi.
Si tratta di un cambiamento che ho riscontrato anche su di me. Ho vissuto il primo lockdown in modo proattivo: come HR siamo stati chiamati a gestire con grande prontezza la riorganizzazione degli spazi, dei tempi e la flessibilità del lavoro delle persone. In questo periodo ho avuto un ruolo molto esecutivo, e non ero particolarmente preoccupata, ma piuttosto molto in ascolto. Le persone stavano reagendo in un modo così diverso, è come se questa situazione avesse esaltato tutto: la paura, la voglia di cambiamento… Devo dire però che q l’effetto più vistoso di questa pandemia è stata la spinta alla digitalizzazione: avevamo già progetti di agile transformation pianificati per il 2020 che poi si sono avviati quasi da soli, rompendo anche gli argini più resistenti, e portando cambiamenti e innovazioni ovunque, a tutti i livelli.
Ora stiamo cercando di costruire il “New Normal”, sentendoci più forti anche per aver sperimentato lo “smartworking” –che con queste modalità andrebbe chiamato più propriamente “telelavoro” – anche con le persone che facevano più fatica ad accettarlo e poi hanno comunque scoperto che si può vivere e lavorare anche comunicando in modo diverso
Come è cambiato il vostro modo di lavorare in azienda?
La comunicazione è cambiata: si è perso il contatto, è vero, ma nel contenuto della comunicazione non si è perso nulla, anzi ci si è maggiormente focalizzati.
È chiaro che ci sono approcci diversi verso gli strumenti digitali; c’è chi è “nativo digitale”, chi invece ci si mette di impegno: come tutti i cambiamenti non tutti lo vivono nello stesso modo. Quello che possiamo fare – sapendo che la pandemia ha avuto risvolti negativi importanti soprattutto sul business e sulla salute delle persone – è focalizzarci sugli aspetti positivi e sfidanti da cogliere.
Quali azioni avete messo in campo per le vostre persone?
Abbiamo aiutato dando un po’ di strumenti, perché il passaggio allo smartworking è stato “da zero a cento” su temi quali la gestione dei team da remoto e nuove modalità di incontro e di contatto. Abbiamo poi attivato una sorta di diario di bordo, dove i colleghi possono raccontare come hanno vissuto lo smartworking e poi anche il rientro in ufficio e il ritorno alla distanza.
Abbiamo anche fatto molte cose pratiche, per tutelare le persone e l’azienda, come ad esempio attivare la cassa integrazione, cercando modi per ridurre gli impatti che questa decisione ha avuto su alcune famiglie.
Abbiamo organizzato eventi in streaming sulle iniziative aziendali, affinché non si perdesse la comunicazione e la condivisione delle iniziative che con pazienza stavamo ideando e portando avanti. Abbiamo organizzato anche il nostro evento annuale di incontro con gli agenti in streaming, invitando tutta l’azienda, in modo da massimizzare i messaggi e la condivisione. Abbiamo messo a disposizione una piattaforma con tutto il materiale formativo, dando la possibilità alle persone di aggiornarsi nei momenti di minor carico e abbiamo completato il catalogo a disposizione anche grazie al contributo dei colleghi, tecnici e non, ai quali abbiamo chiesto di creare delle pillole di micro-learning su competenze e conoscenze specifiche, non solo per forza su temi strettamente professionali.
Abbiamo poi lanciato una survey e creeremo prossimamente degli appuntamenti digitali su temi condivisi dai colleghi.
Come è cambiato il tuo ruolo con questa pandemia?
Sento di essermi avvicinata molto ai miei colleghi, nonostante la distanza. Questa situazione porta a prendersi più cura delle persone, in particolare in questa seconda ondata, che è molto più invasiva e sta portando a cambiamenti e accelerazioni anche nel business, e impegna e coinvolge noi come HR per supportare le persone e l’organizzazione nel cambiamento.
È un momento molto interessante se si considera come le competenze dell’azienda possano diventare più fruibili: abbiamo scoperto nuove competenze dentro l’azienda, e questa è un’opportunità, anche perché oggi le persone hanno più voglia di accettare nuove sfide.
Anche il mercato delle selezioni si sta muovendo velocemente; non pensavo che ci sarebbe stato turnover in questo momento, e invece stiamo comunque investendo anche nell’ambito delle selezioni, e siamo chiamati a pensare a come le risorse che ci sono in azienda e quelle che si uniscono a noi possano andare a creare strutture diverse.
Quali saranno le competenze per i manager del futuro?
Un evergreen è la flessibilità. Serve poi una leadership sempre più trasversale, perché comunque si lavorerà sempre meno a compartimenti stagni. Penso, inoltre, che avere empatia sia fondamentale, perché consente di cogliere il meglio di questo mondo che si sta digitalizzando ma al contempo deve tenere conto della sfera più emotiva delle relazioni.
Come sta cambiando il mondo del lavoro? E come si evolverà in futuro?
Il lavoro è e sarà sempre più mobile, su diversi piani, e richiederà sempre più spirito innovativo, e la capacità di lavorare per progetti, pur con una base comune a tutti i lavori caratterizzata dal possesso di soft skills collaborative.
Il mondo del lavoro non sarà facilissimo: ci troveremo presto in un mondo in cui diverse persone avranno difficoltà a ricollocarsi e a reinventarsi, e la necessità di gestire queste situazioni è per noi fonte di una certa preoccupazione.
Andando oltre, pensando al medio-lungo periodo, avremo aziende che attraverseranno una metamorfosi continua, con una necessità di fare investimenti (che non tutte potranno permettersi), per consentire una ripresa, riuscire a cogliere i cambiamenti che questa fase sta portando e rinascere in un modo completamente diverso. Nel mio immaginario vedo aziende che avranno un rinnovo dei processi continuo, con una condivisione di alcuni ruoli aziendali molto più importante rispetto a quello che è stato fino ad oggi, e questo le porterà a diventare più simili alle startup. Il mio è più un auspicio per le aziende che si troveranno ad affrontare un nuovo domani: il presente, invece, sarà difficile da gestire e qualche azienda non ce la farà.
Come sarà il futuro del ruolo HR?
L’HR deve essere capace di supportare quelle che sono le competenze che cambiano. Competenze che vanno allenate e che gli HR dovranno saper cogliere, individuare tra le persone a disposizione dell’azienda e trovare il modo migliore per valorizzarle. Il nuovo modo di lavorare consente anche di mettere a frutto competenze fino ad oggi poco considerate: questa situazione mi ha fatto scoprire “dotazioni” nuove dentro l’azienda, anche relative a colleghi che conosco da tanti anni.
Non avremo più il tempo che abbiamo avuto nel passato, non avremo più davvero competenze consolidate negli anni, anzi, le competenze andranno rinnovate continuamente: la formazione di conseguenza cambierà totalmente, e continuerà in questa sua evoluzione, nell’essere più digitale e nel cogliere la possibilità di vivere l’esperienza in modo diverso. Sarà un momento anche di rinnovamento per molte più persone, anche di età diverse: lo stiamo già sperimentando internamente e il “la” è stato dato dal gruppo che si occupa di primo soccorso, che si è organizzato già nel primo lockdown con video, comunicazioni, agende, che rendono più fruibili i contenuti.
Come il digitale cambierà l’azienda?
Nulla potrà rimanere fuori dal digitale, da quello che è questo nuovo modo di comunicare, lavorare, condividere, perché ormai il digitale può fornire un supporto quasi totale: tutti i ruoli e tutti i processi ne saranno impattati. Quando parliamo di digitale mi viene in mente che nel sussidiario di quando andavo a scuola si diceva che con la tecnologia tutti avrebbero potuto occuparsi di cose migliori perché le macchine avrebbero svolto le mansioni più faticose al posto nostro. Le tecnologie ci porteranno di certo a operare più velocemente, con una capacità di coinvolgimento di più persone: so se ciò porterà tutti i benefici che stiamo auspicando, però penso che abbatterà alcune barriere anche per persone che altrimenti avrebbero difficoltà ad accedere a informazioni in modo ampio e a utilizzarle per la propria crescita professionale e personale. Se riusciremo a gestirlo nel modo corretto penso che questo cambiamento porterà a una maggiore fruizione delle competenze e al miglioramento dei processi. Ciò va però guidato in modo corretto, senza aspettarci che sia la panacea di tutti i mali.
Speriamo in ogni caso che tutti questi cambiamenti aumentino la condivisione, accelerino certi passaggi e lascino più tempo per creare innovazione e trovare un miglior bilanciamento tra vita personale e lavorativa.